SENTENZA CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA: accoglimento dell’atto di citazione in riassunzione e condanna del Ministero dell’Interno al pagamento delle spese processuali

CRITICITA’ CPR
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La Corte di Cassazione sezione penale annulla senza rinvio la sentenza di condanna della corte di appello
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Con la sentenza n.67/2022 dell’01/02/2022 e depositata il 10/03/2022 la Corte d’Appello di Caltanissetta si pronuncia in sede di giudizio di rinvio e accoglie la domanda proposta con l’atto di citazione in riassunzione dall’Avv. Diego Perricone nell’interesse del Sig. Md. S., condannando il Ministero dell’Interno, quale parte soccombente, al pagamento delle spese processuali per tutti i gradi di giudizio ( giudizio di primo grado, giudizio di appello, giudizio di cassazione, giudizio di rinvio) per le quote indicate in sentenza.

FATTO: A seguito dell’Ordinanza n. 121/2021 resa dalla Corte Suprema di Cassazione e depositata l’08 gennaio 2021, veniva accolto il ricorso promosso da Md.S. assistito dall’Avv. Perricone. Il ricorso aveva ad oggetto l’esame della Sentenza n. 556/2018 della Corte d’Appello di Caltanissetta e si deduceva, come unico motivo, la violazione dell’art. 5, comma 6, d.lgs.n.286/1998 ossia il mancato riconoscimento dei requisiti previsti per la protezione umanitaria da parte del giudice del gravame.

La Suprema Corte cassava la sentenza impugnata e rinviava, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Caltanissetta in diversa composizione.

Le questioni in FATTO ed in DIRITTO che venivano dedotte con il ricorso in cassazione attengono al profilo giuridico e di tutela dei c.d. “migranti ambientali”.

Si ricordano brevemente le motivazioni indicate dalla Suprema Corte nell’Ordinanza di accoglimento del ricorso: <<In effetti la Corte di appello non ha fondato il giudizio di rigetto della domanda di protezione umanitaria sul presupposto che il racconto del richiedente non fosse credibile, invece escludendo i presupposti per l’esistenza di una situazione di vulnerabilità del richiedente senza considerare la situazione del paese di origine allegata dal richiedente, devastata, all’epoca dell’allontanamento da un alluvione che aveva distrutto il villaggio ove lo stesso risiedeva, considerando non adeguata ai fini della dimostrazione del radicamento dello stesso in Italia un contratto di lavoro a tempo determinato relativo all’anno 2018. Ora, reputa il Collegio che a prescindere dai principi espressi in fattispecie simile da Cass. n. 2563/2020 non pare dubbio che, a fronte di una dettagliata descrizione dell’evento calamitoso da parte del richiedente, il giudizio operato dalla Corte di appello risulta sotto più profili carente ai fini della verifica della vulnerabilità, tanto con riferimento alla situazione del paese d’origine esistente all’atto dell’allontanamento ed a quello della decisione, quanto alla valutazione frammentaria delle emergenze documentali prodotte dal richiedente, non avendo il giudice di appello nemmeno considerato l’esistenza in Italia di rapporti lavorativi in anni pregressi, nemmeno risultando che la Corte abbia messo in correlazione la condizione attuale del richiedente complessivamente considerata rispetto a quella attuale nel paese di origine già colpito da evento calamitoso eventualmente avvalendosi del soccorso istruttorio rispetto a tale circostanza (cfr.Cass.n.28990/2018)- contravvenendo a quanto affermato da questa Corte v.Cass.n.4455/2018, pur formalmente richiamata dal giudice di appello. Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Caltanissetta in diversa composizione>>.

(Per un approfondimento relativamente alla superiore ordinanza resa dalla Suprema Corte di Cassazione si veda: Delia Perricone “Protezione umanitaria : rileva l’esistenza di una calamità naturale nel paese di origine ? pubblicato in ALTALEX , 28 febbraio 2021 a cui rimanda anche l’articolo di Chiara Scissa: Estrema povertà dettata da alluvioni: condizione (in)sufficiente per gli standard nazionali di protezione? pubblicato in “Questione giustizia” MD Magistratura democratica, 14.02.2022 ).

Con l’atto di citazione in riassunzione ex art. 392 c.p.c. Md.S. instaurava il suddetto giudizio di rinvio innanzi la Corte d’appello di Caltanissetta in cui si costituiva il Ministero dell’Interno.

L’attore in riassunzione chiedeva l’accoglimento della domanda proposta in applicazione del principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte e dunque dichiarare Md.S. avente diritto alla concessione della protezione umanitaria prevista dall’art. 5, comma 6, D.L. 25 luglio 1998 n. 286.

Con la sentenza n. 67/22 la Corte d’Appello accoglie totalmente la domanda avanzata per tutti i motivi spiegati dal difensore, condannando il Ministero dell’Interno al pagamento della spese legali per tutti i gradi di giudizio nelle quote di cui alla sentenza, e affermando che “La Corte, anzitutto, ritiene credibile la vicenda personale esposta dal richiedente. La Suprema Corte ha più volte affermato che la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente non è affidata alla mera opinione del giudice, ma è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, da compiersi non sulla base della mera mancanza di riscontri oggettivi di quanto narrato dal richiedente, ma secondo la griglia predeterminata di criteri offerta dall’art. 3, comma 5, del d.lgs. n. 251 del 2007 (v. Cass. 26921/2017, Cass. n. 08282/2013; Cass. n. 24064/2013; Cass. n. 16202/2012)…Nel caso di specie, le dichiarazioni rese dal richiedente dinanzi alla Commissione Territoriale…appaiono coerenti e plausibili e corrispondono alle informazioni generali sul Bangladesh, Paese di origine del richiedente, tratte dalle COI-EASO dicembre 2017 (pagg. 19-22)… Lo stato di insicurezza e di conflitto interno in Libia, dopo la crisi e la caduta del regime di Gheddafi nel 2011, costituiscono un fatto notorio e comunque si ricavano dalle COI-EASO sulla Libia pubblicate nel dicembre 2020. Ugualmente credibile è, dunque, la vicenda di forte sofferenza umana patita dal richiedente in Libia, Paese di transito, prima dell’arrivo in Italia nel 2015. Alla luce della vicenda personale del richiedente e della sua ormai consolidata integrazione lavorativa ed alloggiativa in Italia, la Corte ritiene che ricorrano i presupposti per riconoscere a…la protezione umanitaria ex art. 5, comma 6, D.Lvo 286/1998, nel testo applicabile “ratione temporis”…La documentazione prodotta dalla difesa di… dimostra che quest’ultimo è da anni regolarmente assunto in Italia, con contratti a tempo determinato che vengono rinnovati (come del resto accade sovente per i cittadini italiani e non solo per gli stranieri)…Il richiedente dispone di un alloggio, concesso in comodato dalla parte datoriale, nel territorio dove lavora. Il richiedente la protezione umanitaria, pertanto, si è bene integrato nel contesto sociale ed economico – sociale italiano, svolgendo attività lavorativa continuativa e non è incorso in situazioni di marginalizzazione…A fronte della buona condizione di integrazione raggiunta in Italia, occorre valutare, comparativamente, quali sarebbero gli effetti di un rimpatrio forzato in Bangladesh rispetto all’attuale condizione di dignità economica e di sicurezza vissuta in Italia…Accanto ai fattori soggettivi di vulnerabilità, occorre considerare, quale fattore oggettivo di vulnerabilità da considerare per il giudizio di comparazione, l’assenza di forme di tutela proprie del c.d. “stato sociale” in Bangladesh che consentano di garantire una vita dignitosa ad ogni suo cittadino. Le COI-EASO sul Bangladesh luglio – settembre 2020 (https://www.asiloineuropa.it/wp-content/uploads/2020/11/Scheda-COI_Bangladesh_lugliosettembre-20_AIE.pdf) attestano che il Bangladesh – Paese con una popolazione di circa 150 milioni di abitanti e con la più alta densità di abitanti al mondo (1.015 abitanti per Km. quadrato) – presenta una situazione economico-sociale ed umanitaria assolutamente non paragonabile a quella italiana…Alla stregua delle informazioni (COI) sul Paese di origine sopra indicate, il parametro di riferimento, rispetto alla violazione di diritti umani, in un contesto in cui emerga anche la presenza di un effettivo radicamento sociale del richiedente, diventa quindi l’art. 8 della CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU.

Il riconoscimento dei diritti umani, nonché il sapere cogliere e tutelare aspetti nuovi ed emergenziali, è la vera sfida a cui è chiamata oggi una società civile (Studio Legale Perricone).